lunedì 11 ottobre 2010

Aleksandra Zurczak per PF#6.12

Antonimo, 2009, (“C’era una montagna dove era casa mia - C’era una montagna dove era il mio inferno”) artbook - Grafite su carta



Bastione, 2008, artbook - Grafite su carta



Argomento essenziale degli artbook “Antonimo” e “Bastione” è la dialettica tra il punto e la massa, la parte e il tutto.
La contrapposizione di quantità e qualità provoca continui cambiamenti nelle singole parti, predisponendole alla deformazione sul piano corporeo e psichico.
Esiste un luogo, si chiede la Zurczak, nel quale l’uomo può dirsi totalmente libero? Nel quale può sentirsi al riparo, per osservare, osservarsi e mettersi alla prova? Un luogo in cui l’identità non si senta minacciata da tensioni centrifughe e dispersive?
Tale posto, se c’è, è reale?
Al fine di trovarlo l’artista intraprende un viaggio reale e mentale per immagini. Scala le cime più alte, si inoltra nelle grotte più profonde. Ovunque però ottiene solo un deforme, piccolo punto, che cerca la libertà, un rifugio, ma resta invariabilmente schiacciato dall’infinità della materia. Come a dire che il problema della conservazione dell’identità, forse, non è tanto quello del ripristino di un io compatto e monotono, quanto quello di un possibile controllo della tendenza alla dispersione delle numerose anime che abitano l’individuo: un problema di equilibrio dinamico, di governo flessibile della molteplicità.

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