lunedì 26 settembre 2011

Private Flat #7.7 - Gli artisti

Ecco gli artisti, in rigoroso ordine alfabetico, che saranno ospitati nell'appartamento di Via De' Neri, 21, sede della mostra "SI', PERO'..."-ACROBAZIE DELLA MALAFEDE, a cura di Codec Grazia Sechi, selezionato per partecipare a "Private Flat#7":


Cecilia Divizia  Nata a Spoleto nel 1982, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2008 con Roberto Daolio con la tesi: “Il rapporto corpo-spazio. Dal gendered space alle relazioni quotidiane: analisi del tema nelle opere di cinque artiste contemporanee italiane”. La sua ricerca figurativa e poetica è prevalentemente rivolta all’esplorazione del rapporto corpo-spazio, nelle sue molteplici declinazioni; in particolare in termini di paradossi tra modelli, immaginario, realtà vissuta e presa in esperienza. Recentemente ha lavorato sul tema del “corpo colpevole”, all’interno di una più ampia discussione riguardo l’AIDS. Attualmente vive e lavora a Venezia, dove frequenta il corso di laurea magistrale in Progettazione e Produzione delle arti visive all’IUAV.


Fabrizio Pezzoni  Nato a Milano nel 1974, si diploma all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e al liceo coreutico nel 1994. Da vent’anni lavora come danzatore nella compagnia del teatro del Maggio Musicale Fiorentino. La sua formazione classica si è nel tempo arricchita di altre esperienze tecniche, dalla danza contemporanea e la danzamovimentoterapia a discipline come lo yoga e la capoerira, attraverso un percorso che lo ha portato dall’iniziale, imprescindibile costruzione della sua immagine-maschera di danzatore classico, all’attuale istanza di smascheramento, decostruzione e ricostruzione della propria essenza corporea, in un lavoro di inesausta verifica dei propri limiti. 


Neal Peruffo (NeAL)  Nato nel 1980 e vissuto sull’isola di Procida, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel 2005. Artista di impronta razionalista, pone al centro della propria poetica l‟interesse per i meccanismi, indagati sia da un punto di vista estetico (grafico/materico), sia come processi sociologici, psicologici e scientifici. La sua produzione artistica abbraccia diversi media: fotografia, web, video e installazioni; queste ultime assumono spesso rilevanza ambientale poiché concepite per dialogare fisicamente e concettualmente con i luoghi in cui si inseriscono. Recentemente i suoi lavori si arricchiscono del contributo interattivo della web community, secondo un procedimento partecipativo di democratizzazione dell’opera d’arte che rende l’oggetto artistico aperto e mai concluso. NeAL vive e lavora a Napoli. 


Roberto Marchese  Nato a Napoli nel 1982, dove tuttora vive, dopo essersi diplomato in pittura all'Accademia di Belle Arti della sua città, si specializza in fotografia (Ambiente e Paesaggio) per completare la sua conoscenza nel settore delle arti visive. La sua produzione recente verte essenzialmente sullo studio dei codici che appartengono alla collettività, attraverso rappresentazioni quasi visionarie; senza cadere nel sentimento antropologico e/o documentaristico: da qui discende una sensibilità per le minoranze e le periferie, anche solo mentali. La sua formazione pittorica emerge esplicitamente nelle sue opere installative e il suo lavoro denota complessivamente un carattere fortemente concettuale ma di grande impatto umano ed esistenziale.  


Sergio Racanati   Nato a Bisceglie (Ba) nel 1982, si diploma in Design all’Istituto Europeo di Design di Milano nel 2004. Racanati è interessato alle relazioni socio-politiche che si instaurano tra linguaggio artistico e contesto; così come ai processi di partecipazione alla forma arte che nel contesto possono essere sollecitati. La sua riflessione si appunta sui nessi tra memoria individuale e collettiva nella storia contingente: un lavoro intimo ma non diaristico, antinarrativo, analitico, volto a costruire un archivio della memoria culturale dove poter attingere riferimenti ed esemplarità per rileggere criticamente il presente. La sua ricerca procede per mappature etico-etnografiche fluide, progressive, ed è diretta più a scandagliare le possibilità interne al processo creativo che a dedurne esiti formali definitivi.

sabato 24 settembre 2011

Private Flat #7.7 - Il nostro progetto

"SI', PERO'..." - acrobazie della malafede


La diffusione della malafede è un dato clinico nuovo, secondo la psicanalisi recente. Se le grandi patologie classiche, come il delirio, il diniego, la rimozione dell‟evento traumatico, minano la verità e la realtà con operazioni clamorose e massicce, oggi sembrano delinearsi modi nuovi di venire a patti con la verità, più insidiose e parcellari, ma non meno malefiche, come la scissione e la regressione all‟indifferenza e all‟indifferenziazione dell‟ambiguità. 





Se questa regressione è ammissibile nei casi di estremo pericolo, nei regimi totalitari, in cui per salvarsi la vita la vittima scende a patti con il suo carnefice, lo è meno in condizioni di normalità e democrazia. Il predicare bene e razzolare male di molti (non solo politici) è un esempio evidente di malafede, dove «il contrasto tra ciò che si proclama e ciò che si vive non dipende da un sottile meccanismo difensivo psicologico, ma è la conseguenza di una precisa scelta conscia e consapevole di salvaguardare il proprio interesse contingente senza rinunciare a proporsi all‟esterno come portatori di norme morali ideali» (Simona Argentieri, L’ambiguità, 2008).




La mancanza di vergogna che ne discende è intesa in acrobazie della malafede nei termini psicanalitici di “compromesso di integrità”. Così è stata definita dallo psicanalista americano Leo Rangell la sindrome che descrive quelle situazioni in cui si verificano comportamenti inautentici, ambivalenti, del singolo e della collettività: dall‟infedele denuncia dei redditi all‟infedeltà coniugale, fino al crimine del silenzio o del peccato di omissione nelle più gravi questioni di politica internazionale. Il “compromesso di integrità” si distingue dalla mancanza di integrità per il suo muoversi in una “zona grigia”, tra normalità e perversione; procedendo in modo più subdolo. Per tollerare senza soffrire situazioni di realtà esterna frustranti o corrotte; per non doversi misurare con il compito di contrapporsi e differenziarsi. Il vantaggio segreto è quello di eludere il conflitto, la colpa, la fatica di scegliere e di pensare.




Sì, però… è la frase che di solito viene pronunciata con intenti impunemente autoassolutori da chi, subito dopo aver messo in scena opinioni e sentimenti in aperto contrasto con le proprie azioni, davanti a un richiamo alla coerenza, senza alcun disagio, scavalcando le contraddizioni, ammette deroghe al proprio agire, persuaso, di poter disporre di una morale doppia, tripla, multipla. 




Il progetto si propone di indagare la falla della malafede come prassi comune, attraversando, da un lato, le collusioni con gli aspetti deteriori del vivere civile, clientelismo, evasione fiscale, connivenze con il potere, distrazione colpevole di fronte all‟ingiustizia; dall'altro le incoerenze dell'individuo e le divisioni interne attraverso le quali l'Io, per aggirare il confronto con la verità, inganna se stesso.


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Affidato ai lavori di cinque artisti, diversi per formazione e linguaggio, il percorso espositivo si compone di tre gradi di lettura, tre livelli di disvelamento dell‟ambiguità.
Il primo si lega alla dimensione dell‟individuo, delle piccole scissioni in ambito intrapsichico, dei compromessi con il mondo e delle ipocrisie con se stessi, nel quale un possibile recupero dell‟integrità perduta avviene attraverso lo smascheramento del corpo, sia esso costruito/corretto chirurgicamente, sia esso decostruito/scarnificato dalla malattia (Pezzoni, Divizia).
Il secondo, partendo dalla manipolazione di alcuni archetipi sociali e politici, mette in luce iperbolicamente i meccanismi della menzogna, della complicità e della collusione, terreno di coltura privilegiato della malafede, nel tentativo di demistificare (svergognare) i bonzi rappresentanti delle istituzioni (Racanati, NeAL).
Infine, nel terzo, più socio-politico per respiro e dimensioni, la mancanza di vergogna e la malafede, assumono rilevanza ambientale, nella denuncia del consumo e della degradazione del territorio spacciati ambiguamente per opportunità di crescita e di sviluppo locale (Marchese).

(a cura di Codec & Grazia Sechi)

domenica 11 settembre 2011

Manomissioni


E le parole? Per natura ambigue o artefatte per razzolare nell'ambiguità?

«Metto mano a parole così antiche da non esistere quasi più. O non sapere quale carne e lungo silenzio abbiano vissuto e attraversato prima di avere la loro aria, l’anima che si dice e si lascia dire perché ha una storia e una ragione profonda per esserci. Affondo le mani in queste radici che non si rassegnano a morire, nonostante lo scempio scientifico perpetrato per anni per ridurre, modificare, piegare, costringere, impoverire, portare definitivamente fuori, manipolando e innestando, suggerendo immiserimenti, ripetendo come un mantra non il nuovo valore, ma il disvalore. 
La manomissione è ridare la innocenza alla parola, lo spessore il colore e l’ombra che le è stata rubata per togliere l’innocenza a ciascuno di noi, dal momento che siamo le parole che abbiamo.
Riprenderla dal silenzio in cui necessariamente ha dovuto e deve ritornare a inabissarsi ogni volta che la si viola.» 

(Elia Malagò, Incauta solitudine)

martedì 12 luglio 2011

Private Flat #7 - Il tema

PRIVATE FLAT #7 / SHAMELESS 

“Guardate, siamo tutti narcisisti, chi più chi meno: ma la maggior parte di noi se ne vergogna quanto basta per cercare di non darlo a vedere.”

La cultura di vergogna consiste nellʼadeguamento alle regole, senza lʼimposizione di norme o divieti esterni. La sua applicazione deriva unicamente da modalità che implicano il biasimo e lʼesclusione  sociale. Vi sono cose che si giudicano inopportune secondo una sensibilità che può essere definita in  senso lato «morale» ed «estetica» assai più che giuridica. Alla cultura di vergogna si affianca il modello  della cultura di colpa in grado di generare una forma di adeguamento alle regole condivise dalla società.  Questo secondo modello implica che la pena per certe trasgressioni sia il peso del senso di colpa, ed eventualmente una punizione giuridicamente regolata. I due modelli, nelle loro differenti implicazioni, sono finalizzati ad una normativizzazione della vita  comunitaria e alla creazione di vincoli e barriere.

SHAMELESS - senza vergogna, è il tema della settima edizione di Private Flat. Proponiamo una  riflessione sulla vergogna e sulle implicazioni comportamentali, sociali e politiche che ne derivano.  Vergogna è un termine ancora significante nel panorama attuale? Oppure le trasformazioni culturali e politiche a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni ne hanno modificato valore e significato?