mercoledì 30 giugno 2010

idea-luogo

La scelta di una scuola di italiano per stranieri come luogo dell’esposizione è fortemente simbolica. Un luogo di attraversamento polifonico dentro una città di attraversamenti idiomatici e fisici.
Altrettanto intenzionale è la scelta di mettere insieme artisti di geografie, formazioni e linguaggi così eterogenei. Per moltiplicare le voci e le visioni. Siano esse basse o alte, straniere o estremamente prossime. Con una particolare attenzione per le voci meno udibili nel fracasso globale; e le visioni propositive, progettuali, ma non per questo meno critiche rispetto all’esistente.
Uno dei temi connessi con l’identità con cui abbiamo voluto misurarci è quello dello straniamento: dello straniero come portatore di sovvertimento, sconcerto, inquietudine.
Lo straniero non inteso solo come persona ma come procedimento artistico, recuperando la funzione rivelatrice che all’arte assegnavano i Formalisti russi del primo Novecento. Rivelatrice dell’aspetto inatteso degli oggetti e delle situazioni, così da far emergere una nuova realtà, far vedere gli oggetti come se li si vedesse per la prima volta.

fili

"A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e-neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.
Dalla costa d'un monte, accampati con le masserizie, i profughi di Ersilia guardano l'intrico di fili tesi e pali che s'innalza nella pianura. È quello ancora la città di Ersilia, e loro sono niente.
Riedificano Ersilia altrove. Tessono con i fili una figura simile che vorrebbero più complicata e insieme più regolare dell'altra. Poi l'abbandonano e trasportano ancora più lontano sé e le case.
Così viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate, senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare: ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma."

(da Le città invisibili di I. Calvino)

lunedì 21 giugno 2010

straniero?

«Non ho nessuna voglia di spiegare perché parlo esattamente come loro […] senza accento, cioè con lo stesso accento loro. È questo il metodo più sicuro di conservare il mio essere straniero a cui tengo sopra ogni cosa. Se avessi accento, in ogni momento, dovunque si scoprirebbe che sono straniero. Diventerebbe quotidiano, ovvio. Io stesso mi abituerei al fatto quotidiano di essere considerato straniero. E allora non significherebbe nulla che sono straniero, non avrebbe nessun significato.»

(Jorge Semprun, Il grande viaggio)

giovedì 17 giugno 2010

straniero

«…lo straniero non è colui che arriva oggi e parte domani, ma colui che arriva oggi e che domani non parte; che resta indefinitamente, e arricchisce con la sua specifica modalità di relazione il luogo e i suoi abitatori… »

(Georg Simmel)

mercoledì 16 giugno 2010

traduzioni radicali

TRADUZIONI RADICALI non dà risposte univoche o definitive rispetto al tema. Moltiplica, piuttosto, le domande. Propone un percorso problematico di punti di vista, di specchi, di riflessioni. Non indica conclusioni che non siano mobili e provvisorie. Appunto tremanti.
Le traduzioni del titolo alludono alla volontà di tentare connessioni, ordire trame, sollecitare dialoghi e incontri possibili attraverso i “manuali di traduzione” che le opere degli artisti presenti in mostra rappresentano.
Ma coinvolgono ed espandono anche il senso intrinseco del tradurre: il condurre le lingue, le culture, le opere umane attraverso un percorso di autochiarificazione, ancora una volta provvisorio, alla parte altra; clandestine conduzioni (fuori da itinerari preconcetti e leggi di flusso) di immagini e parole, visioni e scritture, suoni e silenzi; viaggi attraverso luoghi reali o dell'anima, spostamenti volontari o forzati di idee e di persone, codici di interconnessione, intrecci di fili tesi tra il mondo intimo dell'artista e il mondo esterno, attraversamenti di senso che si prendono il loro tempo e sfuggono alla traduzione simultanea, spingendosi fino alla intraducibilità come condizione finale di ogni linguaggio.
Gettare ponti. Promuovere ibridazioni. Partendo da sé, dal proprio angolo di visuale; avendo chiaro il senso della propria identità, con la sua forza e il suo valore. Assumendosi la responsabilità dell’altro da sé. E in questo essere avventatamente radicali.

progetto

Le parole hanno dei significati; alcune di esse, tuttavia, coprono un territorio di comportamenti e di idee, un campo di azioni e di cose, hanno come riferimento una famiglia di concetti e di oggetti. Una di queste parole complesse è identità.
Parole come identità - culturale, linguistica, di genere - diventano importanti proprio quando il loro senso è minacciato, perché indicano appunto valori che tremano, fluidi, caldi; valori che chiedono di essere soccorsi, o recuperati, o ancora che chiedono consapevolmente e razionalmente di essere agiti e trasformati.
L’identità non è un oggetto, ma l’esito di un processo. Un processo di differenziazione. La ricerca dell’identità è ricerca delle differenze. Solo il riconoscimento delle differenze consente di trovare le identità: differenza tra individuo e individuo, tra io collettivo e io collettivo, tra luogo e luogo, tra mondo e mondo. Quindi differenziazione in senso orizzontale, tra identità e identità, ma anche differenziazione interna verticale: differenze armonicamente composte entro la persona e l’individuo sociale, articolazione giudiziosa di un’identità molteplice.
Questo lo spunto iniziale. Da cui, poi, lo spettro di significati si espande per accedere alle accezioni particolari degli artisti presenti: perdita dell’identità e scomparsa delle memorie fisiche che la sottendono (Zuniga, Lastrucci); identità/tempo e identità meticcia, fatta di stratificazioni di narrazioni (Giuffrè, Lőrinczi, Argentieri); inflazione identitaria (Zurczak, Acar); identità multipla, plurale, insorgente (Monitor).