lunedì 21 giugno 2010

straniero?

«Non ho nessuna voglia di spiegare perché parlo esattamente come loro […] senza accento, cioè con lo stesso accento loro. È questo il metodo più sicuro di conservare il mio essere straniero a cui tengo sopra ogni cosa. Se avessi accento, in ogni momento, dovunque si scoprirebbe che sono straniero. Diventerebbe quotidiano, ovvio. Io stesso mi abituerei al fatto quotidiano di essere considerato straniero. E allora non significherebbe nulla che sono straniero, non avrebbe nessun significato.»

(Jorge Semprun, Il grande viaggio)

1 commento:

  1. Piango la scomparsa della parola "forestiero". (Raramente la si sente ancora, sulla bocca di chi prevalentemente parla 'n dialèet. Almeno da queste parti; mi è venuto in mente proprio perché mi è capitato ieri.)
    'Forestiero' dice semplicemente che l'altro è nato altrove, ed è un dato anagrafico, diciamo così.
    Anche 'straniero', in origine - le "traduzioni radicali" si fanno (anche) con il vocabolario etimologico, no? :-) diceva soltanto "nato altrove", ma poi ha fatto in tempo ad assumere tutte le sfumature dello "strano", del "diverso".

    Quello che dice Semprun, per me è "vita vissuta".
    Badate a come "si attacca bottone" con una persona stra... forestiera. Sorvolando sulle cafonerie appiccicate alle etichette nazionali (pizza&mafia o "puttane dell'est" che fossero), credendo di fare cosa gradita, si parla principalmente al "marocchino" o alla "rumena", non alla persona che ama il cinema o coltiva zucchine o detesta il Milan.
    (Sragionamento fatto un po' grossolanamente ma forse il senso si capisce lo stesso.)

    I migliori auguri per questa vostra nuova avventura.
    t.

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