mercoledì 16 giugno 2010

traduzioni radicali

TRADUZIONI RADICALI non dà risposte univoche o definitive rispetto al tema. Moltiplica, piuttosto, le domande. Propone un percorso problematico di punti di vista, di specchi, di riflessioni. Non indica conclusioni che non siano mobili e provvisorie. Appunto tremanti.
Le traduzioni del titolo alludono alla volontà di tentare connessioni, ordire trame, sollecitare dialoghi e incontri possibili attraverso i “manuali di traduzione” che le opere degli artisti presenti in mostra rappresentano.
Ma coinvolgono ed espandono anche il senso intrinseco del tradurre: il condurre le lingue, le culture, le opere umane attraverso un percorso di autochiarificazione, ancora una volta provvisorio, alla parte altra; clandestine conduzioni (fuori da itinerari preconcetti e leggi di flusso) di immagini e parole, visioni e scritture, suoni e silenzi; viaggi attraverso luoghi reali o dell'anima, spostamenti volontari o forzati di idee e di persone, codici di interconnessione, intrecci di fili tesi tra il mondo intimo dell'artista e il mondo esterno, attraversamenti di senso che si prendono il loro tempo e sfuggono alla traduzione simultanea, spingendosi fino alla intraducibilità come condizione finale di ogni linguaggio.
Gettare ponti. Promuovere ibridazioni. Partendo da sé, dal proprio angolo di visuale; avendo chiaro il senso della propria identità, con la sua forza e il suo valore. Assumendosi la responsabilità dell’altro da sé. E in questo essere avventatamente radicali.

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