E le parole? Per natura ambigue o artefatte per razzolare nell'ambiguità?
«Metto mano a parole così antiche da non esistere quasi più. O non sapere quale carne e lungo silenzio abbiano vissuto e attraversato prima di avere la loro aria, l’anima che si dice e si lascia dire perché ha una storia e una ragione profonda per esserci. Affondo le mani in queste radici che non si rassegnano a morire, nonostante lo scempio scientifico perpetrato per anni per ridurre, modificare, piegare, costringere, impoverire, portare definitivamente fuori, manipolando e innestando, suggerendo immiserimenti, ripetendo come un mantra non il nuovo valore, ma il disvalore.
La manomissione è ridare la innocenza alla parola, lo spessore il colore e l’ombra che le è stata rubata per togliere l’innocenza a ciascuno di noi, dal momento che siamo le parole che abbiamo.
Riprenderla dal silenzio in cui necessariamente ha dovuto e deve ritornare a inabissarsi ogni volta che la si viola.»
La manomissione è ridare la innocenza alla parola, lo spessore il colore e l’ombra che le è stata rubata per togliere l’innocenza a ciascuno di noi, dal momento che siamo le parole che abbiamo.
Riprenderla dal silenzio in cui necessariamente ha dovuto e deve ritornare a inabissarsi ogni volta che la si viola.»
(Elia Malagò, Incauta solitudine)
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